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Noi abbiamo sempre saputo. Ma abbiamo saputo troppo presto, quando ancora non potevamo capire. Personalmente non ricordo il momento in cui ho saputo di Auschwitz: dev'essere sempre stato lì, in sottofondo, per via delle foto e dei film, dei libri e dei telegiornali. Non ricordo un momento preciso di stupore o di orrore. Come tutti ho letto
Se questo è un uomo alle medie, ed era ancora troppo presto: sapevamo, ma non sapevamo tutto (c'erano cose che neanche Levi sapeva quando scrisse il libro), e soprattutto eravamo circondati da trappole. Pensare che i lager fossero opera di pochi pazzi, mentre fu l'uomo comune a permettere che esistessero. Pensare che a sopravvivere furono i migliori, mentre si salvarono solo i più adatti, o i più fortunati. Pensare infine di essere al sicuro, mentre la guerra "non è finita", come diceva Eduardo. Non è finita perché “E’ avvenuto, quindi può accadere di nuovo”, e noi saremo sempre in guerra, perché non accada mai più.
La mia guerra la combatto così: raccontando Primo Levi.